Durante gli anni dell’universitá, il padre di un vecchio amico mi ripeteva che avrei dovuto lasciare la facoltá di comunicazione per dedicarmi a una laurea in podologia. Io gli sorridevo annuendo; non mi immaginavo proprio limando calli, curando geloni e salvando unghie incarnite.
Io sognavo di finire la mia facoltá e di vivere e lavorare come giornalista. Non capivo che quell’uomo, pur non essendo un letterato, aveva chiaro che in Italia chi si vuole dedicare a questa professione ha piú da perdere che da guadagnare. Era un rappresentante della concretezza e della saggezza popolare romana; cosí, mentre io sognavo grandi reportage e scoop, lui mi sbatteva in faccia la realtá di una professione quasi impossibile.
Nonostante tutto, continuai i miei studi, sopportai una lunga gavetta e lavorai malpagato in radio e tv. Finchè un giorno, stanco di nepotismi, precariato e ingiustizie saltai su un volo sola andata per Madrid.
In Spagna studi “periodismo”, esci dall’universitá e sei un “periodista”. A questo punto, se vali, cerchi gradualmente di ritagliarti il tuo spazio; se non vali, vai a lavorare da Zara. In Italia, finita la tua tappa accademica, se vuoi diventare giornalista professionista devi lanciarti, se ci riesci, in praticantati estenuanti e mal pagati per poi affrontare un esame di stato. Tanti inutili paletti insomma. Gli ordini professionali sono caste di difficile accesso; un mezzo per controllare chi puó o non puó lavorare. Pensate che in Spagna, se studi diritto, esci dall’universitá avvocato; nel bel paese, anche in questo caso, ti tocca un praticantato e un esame di stato per poter esercitare la professione.
A Madrid, come a Roma, fare il giornalista è duro. Il precariato è frequente ma viene “lenito” da uno stato sociale piú efficace; il nepotismo e le raccomandazioni pesano, ma non sono cosí decisive come in Italia. Sono arrivato in Spagna con la proverbiale valigia di cartone e in un paio d’anni sono entrato a far parte di una categoria che, in Italia, viene strategicamente protetta da un invalicabile muro di gomma.
Per chiarezza nei confronti dei molti giornalisti aspiranti emigranti concludo con una riflessione. Mangiare col giornalismo è durissimo anche qui, inoltre c’è da fare i conti con una storia, lingua e cultura diversa. Ció, peró, non mi impedisce di affermare che, in Spagna, la meritocrazia combatte ad armi pari col nepotismo e le raccomandazioni.
In un recente viaggio a Roma ho reincontrato il padre del mio amico e gli ho raccontato, soddisfatto, dei miei reportage spagnoli. Lui, scuotendo il capo, mi ha detto:“Vedi, dove ti sei dovuto andare a sbattere? Te l’avevo detto, era meglio fare il podologo”.